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Ogni sera Pietro si china sulla pancia di Sara per sapere se dentro c'è qualcosa che nasce, e ogni sera lei, toccandosi il ventre, si augura ci sia qualcuno che sta per aggiungersi a loro. Ma la speranza rimane un'attesa e l'attesa spacca tutto come una crepa nel muro.
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Sul tavolo della cucina resta un foglio che non è un commiato, ma una bomba che si prepara ad esplodere: «Telefonato tua mamma: è morto Olmo». E poco sotto una domanda scritta di fretta: «Olmo chi è?». Olmo è suo nonno, ma più che un parente è uno scheletro nell'armadio di una famiglia e di un paese. È un uomo sacrificato alla retorica della Patria, tornato folle dalla guerra di Russia, e mai più ritornato davvero a casa. Olmo è come un segreto o una vergogna, vivo dentro una clinica per malati di mente eppure morto per tutti, mai nominato se non in ricordi già conclusi. Soprattutto Olmo è un fantasma che fa la sua comparsa morendo, e che chiede udienza tornando tra i vivi sotto altre spoglie, le spoglie di un vecchio veterano di guerra incontrato per caso. E per questo che Pietro partirà per la Russia in un fallimentare viaggio a ritroso, col bagaglio di memoria di un altro, in un luogo in cui nulla è più com'era prima, e dove c'era una caserma ora c'è un casinò, e sul fiume Don - simbolo di una guerra intera - le famiglie fanno il bagno, le macchine aperte sull'argine e l'autoradio a tutto volume a fare da colonna sonora.