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Il terrorismo, vale a dire l'uso indiscriminato della violenza contro civili, è una tattica adottata spesso, nel corso della storia, da gruppi armati decisi a sfidare un nemico più forte per raggiungere obiettivi politici o militari ma anche da governi dittatoriali per garantirsi l'assoluta sottomissione dei propri cittadini.
[...] Ma l'attuale moltiplicarsi di attacchi e attentati terroristici di matrice islamista,sempre più efferati e cruenti, ha creato in Occidente un diffuso clima di insicurezza e di paura, esacerbato dalla sensazione di essere in balìa di un avversario invisibile e incontrollabile. Come si può scongiurare una simile minaccia al tempo stesso incombente e sconosciuta? Benedetta Berti, analista di politica internazionale, tenta di rispondere a tale interrogativo esaminando la genesi e le attività dei numerosi gruppi jihadisti che, quasi ogni giorno, sono alla ribalta della cronaca, a partire da quello più noto e più potente, autoproclamatosi Stato Islamico di Iraq e Siria: l'Isis. Dallo studio delle sue radici e rivendicazioni, del contesto in cui sono nati e si sono affermati, dei modi in cui si finanziano e fanno proseliti emerge uno scenario molto lontano dallo stereotipo del terrorista islamico clandestino, armato di kalashnikov e nascosto in una grotta. Come le multinazionali sul mercato globale molti gruppi armati hanno sviluppato complessi modelli di business per arricchirsi. Come i partiti politici moderni hanno capito l'importanza del consenso. Come le agenzie pubblicitarie di successo hanno ideato campagne di marketing basate su un'ottima conoscenza della Rete. Fino ad assumere i compiti e le funzioni di un vero e proprio Stato: dalla gestione dell'«ordine pubblico» alla raccolta dei rifiuti alla costruzione di scuole e strutture sanitarie. In un quadro così complesso, le armi non sono l'unico né forse il più efficace strumento per sconfiggere il terrorismo. È invece necessario, secondo Benedetta Berti, prosciugare le fonti che lo alimentano e, in particolare, rimuovere la causa prima di ogni forma di ribellione e insurrezione, in Medio Oriente come altrove: l'esistenza di Stati inefficienti e corrotti, dove la forbice della diseguaglianza sociale è eccessivamente ampia e il dissenso viene soffocato con il carcere e la tortura.