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Il libro affronta l’insieme degli aspetti conseguenti alla prigionia di guerra: cattura, detenzione, morte,liberazione, non senza porre il problema – per l’età medievale di difficile soluzione – degli effetti che tale esperienza comporti per l’individuo e anche per la società.
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Focalizzato sul mondo dei comuni italiani, confronti con altre realtà storiche ad essi contemporanee permettono di far emergere nei comuni un’evoluzione in atto che – con il superamento dell’atavico principio privatistico-economico della prigionia di guerra e dei suoi abusi –raggiunge e mette precocemente in esecuzione un concetto che suol essere riconosciuto appena all’epoca dell’Illuminismo: l’«appartenenza» del prigioniero non al singolo catturatore, ma all’autorità statale conduttrice della guerra. Garantendone così, grazie l’intervento dei meccanismi della reciprocità fra «Stati», una relativa tutela. Non parrebbe quindi azzardato l’appellativo «dell’incivilimento» che si è voluto concedere al sottotitolo per caratterizzare l’oggetto della ricerca.